Sabato Santo – Veglia pasquale
Andare oltre
Passato il sabato, Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levar del sole. Dicevano tra loro: “Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?”. Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”. Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite.
(Mc 16, 1-8)
Il nome Pasqua sembra derivi principalmente dalla parola ebraica Pesach, Pesà in aramaico, e significherebbe andare oltre. Indicherebbe il passaggio, per gli ebrei, dalla schiavitù alla liberazione, per i cristiani la resurrezione. Va detto però che resurrezione contiene anche la liberazione; risorgere non è rivolta solo al dopo la morte, ma anche a togliere ciò che impedisce all’uomo di essere uomo. L’uomo risorto non è solo uomo che risorge nell’al di là, ma che risorge pure nell’al di qua. Il risorgere nasce quando si riesce a passare oltre. E io vorrei, proprio dal brano che abbiamo letto, vedere tre grandi passaggi che siamo chiamati a vivere: passare dall’era maschilista a quella femminista, dall’era della ripetizione all’era dell’invenzione, dall’era della delega a quella della responsabilità. Colgo questi tre grandi passaggi o svolte da tre espressioni del Vangelo che abbiamo letto:
“Passato il sabato, Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Salome…vanno al sepolcro di Gesù”; “Vanno per imbalsamarlo o ungerlo”; “Andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro….Gesù vi precede in Galilea”.
- “Passato il sabato alcune donne vanno al sepolcro al levar del sole”.
Viene quasi naturale domandarsi: Perché le donne e non gli uomini? Perché le discepole e non i discepoli? Andare al sepolcro voleva dire esporsi, dichiarare di essere seguaci di Gesù, di condividere il suo pensiero e la sua azione. Questo era compromettente e comportava l’aggressione da parte delle autorità giudaiche. Ma le donne sono più libere degli uomini, del loro calcolo e dei loro interessi. L’amore e la generosità prevalgono su tutto. Sono libere di andare, di parlare, di sbilanciarsi.
Nella chiesa, fin dall’inizio, invece, è prevalsa la quasi esclusiva presenza degli uomini. La prassi ecclesiale si è fatta maschilista nonostante, appunto, le donne occupino un posto rilevante se non predominante nel Vangelo.
Allora si impone per la Chiesa, come anche nella cultura, un passaggio: da un’epoca maschilista ad un’epoca femminista. La Chiesa e il mondo hanno bisogno dell’elemento femminile per risorgere. Scriveva con intuizione il filosofo e teologo Italo Mancini: “Oggi il mondo si è ubriacato della ricerca del potere e dell’interesse perché è prevalso l’elemento maschile. Questo ha prodotto violenze, politiche razziali, obiettivi puramente economici: il mondo ha bisogno dell’elemento femminile per risorgere”.
Il pensiero femminile ha la passione per la novità, gode dell’estro creativo. Il pensiero maschile tende a creare muri, quello femminile ad abbatterli. Nel pensiero femminile prevale il sentimento e il cuore e la cultura del sentimento conduce alla fraternità e alla fantasia nell’individuare strade nuove.
Bisogna dare spazio alla donna, quanto l’uomo, nella vita politica e sociale, ma anche il quella ecclesiale.
- “Le donne comprarono degli oli aromatici per imbalsamare Gesù”.
E qui è chiaramente simboleggiato il passaggio da un’epoca della ripetizione a un’epoca dell’invenzione e della fantasia. Le donne vanno per imbalsamare Gesù o comunque per ungerlo perché sia meglio conservato e perpetuato. C’è in loro l’atteggiamento di chi vuol ripetere il passato, congelarlo. Noi proveniamo da una cultura ripetitiva; era la cultura contadina basata sui cicli naturali ripetitivi. Questa mentalità ha informato la Chiesa che ha prodotto una prassi ripetitiva e ha alimentato una teologia conservatrice che aveva paura della novità.
Sotto la spinta dell’influsso del pensiero della modernità, tendente a scoprire nuove prospettive, anche la Chiesa, mossa dallo Spirito, ha colto che “conservare il deposito della fede “non significa congelarlo, ma farlo esplodere a contatto con i problemi e le domande del tempo: la Parola di Dio contiene virtualità ancora inespresse. In un discorso rivolto ai cardinali e al popolo, Papa Francesco ha sviluppato l’atteggiamento della evoluzione continua della dottrina: “La Parola di Dio (commenta il Papa) non può essere conservata in naftalina come si trattasse di una vecchia coperta da proteggere contro i parassiti! No. La Parola di Dio è una realtà dinamica, sempre viva, che progredisce e cresce perché è tesa verso un compimento che gli uomini non possono fermare. Solo una visione parziale può pensare il ‘deposito della fede’ come qualcosa di statico. Lo Spirito Santo continua a parlare alla Chiesa e per farla progredire con entusiasmo, occorre mettersi in religioso ascolto”.
Non solo dentro la Chiesa ci sono persone che guardano al passato e vorrebbero ripeterlo. Di fronte ai nuovi problemi vorrebbero rispondere con le risposte date nel passato. Anche in campo politico, sia a destra che a sinistra, c’è la tentazione di richiamarsi a vecchi concetti economici e sociali. Certamente è più facile rifarsi al passato, che avere il coraggio di elaborare nuove impostazioni. Pure il grande sociologo Zygmun Bauman parla che oggi esiste una retro-profezia: la politica vuole rispondere ai problemi rivolgendosi indietro e non guardando avanti. Occorre il coraggio di camminare e di inventare nuove soluzioni. È il tempo della fantasia anche dentro la Chiesa.
- “Ora andate e dite ai discepoli che egli vi precede in Galilea”.
Qui è delineato un terzo passaggio: passare dalla delega alla responsabilità. Che significa delega? Significa consegnare ad altri l’impegno della soluzione dei problemi. Si delega alla scuola l’educazione dei figli, si delega ai politici il trovare le risposte alle domande sociali, si delega a Dio il compito di sfamare le persone e di costruire la pace. Ma noi non ci muoviamo perché il mondo diventi più giusto e più umano. Dio, invece, è impotente senza l’apporto dell’uomo e della donna e quasi Dio si fa impotente per risvegliare la responsabilità dell’uomo. L’angelo dice: “Andate dai discepoli”. Non poteva Gesù avvisarli lui stesso? Certo, ma ha voluto responsabilizzare le donne. Gesù non va, responsabilizza. Forse tra i nostri peccati più frequenti, e che non confessiamo, c’è il peccato della delega. Deleghiamo altri e anche Dio, quando invece tocca a noi portare avanti il progetto di salvezza e di risurrezione.
Stanno crescendo pure nel nostro cristianesimo gruppi e credenti che propongono una fede magica nella provvidenza, una fede deresponsabilizzante. La nostra fede, invece, poggia su un Dio che spinge l’uomo a vivere la propria responsabilità. Il verbo “andare” domina la storia della salvezza e “andare” significa cercare una risposta ai problemi e soprattutto dare il proprio contributo a far sorgere un mondo nuovo. Ad Abramo nostro padre della fede Dio dice: “Parti e va”, cioè “tocca a te fondare il popolo nuovo e portare la salvezza”.
Due piccoli impegni
- Non aver paura di inserire la donna nella vita sociale ed ecclesiale: ci sarà una Chiesa nuova.
- Riconoscere che la Parola di Dio è viva e cresce nel tempo!