Battesimo di Gesù
Il battezzato è un uomo dedicato agli uomini
Giovanni proclamava: ”Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo”. Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nazareth di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”.
(Mc 1, 7-11)
La Chiesa, nella domenica dopo l’Epifania, celebra il battesimo di Gesù. Gesù si fa battezzare da Giovanni e, stando ai Vangeli, ha circa trent’anni. È adulto quindi compie con questo gesto una scelta di vita. Per lui il battesimo non è tanto un rito, ma l’assunzione di un progetto, di un modo di vivere che colorerà tutta la sua esistenza.
Sollecitato da questo evento vorrei rivolgere a me e a tutti, tre domande che nascono sia dalla vita, ma anche dalla lettura del brano del Vangelo che abbiamo letto: “Perché Gesù si è fatto battezzare? Gesù era peccatore?” Perché battezzare i bambini? Possono i genitori decidere la fede dei figli?” Se i genitori non partecipano più alla vita della comunità cristiana, ha senso che battezzino i figli?”.
- Perché Gesù si è fatto battezzare?
Se Gesù si è fatto battezzare significa che il battesimo non è legato al peccato. Gesù non era peccatore. Per lui non era “togliersi il peccato” e forse, se ci pensassimo bene, non lo dovrebbe essere neppure per noi. Per Gesù il battesimo rivela una scelta di vita. È da sottolineare che Gesù ha compiuto questa scelta a trent’anni quando era adulto, responsabile delle sue decisioni. E a questa età Gesù conosceva i suoi doni, le sue capacità e percepiva i bisogni delle persone. Sapeva di possedere il dono della parola, che schiudeva nuovi orizzonti, suscitava entusiasmi e faceva vibrare sentimenti. Se avesse scelto di fare il politico avrebbe ottenuto sicuramente consenso e successo. Era consapevole della sua capacità dialettica nel difendersi dagli attacchi degli avversari e nel tutelare le persone deboli e senza voce come le donne, i bambini, i peccatori. Se avesse scelto di fare l’avvocato avrebbe potuto conseguire prestigio e onore. Gesù era pure a conoscenza delle sue capacità terapeutiche e psicologiche: se avesse deciso di fare il medico oltre che gloria avrebbe raggiunto una forte affermazione economica. Gesù si è chiesto: Come vivere queste mie qualità e doni? Per chi viverli? Per affermarmi? Per far denaro? Per conseguire gloria e successo? Egli ha scelto di immergersi tra la gente, tra le persone per farle crescere, per risvegliare le loro coscienze in modo che diventassero uomini e donne responsabili. Il centro non è il suo io, il centro sono gli altri.
L’immersione nell’acqua, come avviene nel battesimo, indica l’immersione nella comunità, la dedizione alle persone, il prendersi cura dei loro problemi.
La nostra educazione cristiana si era incentrata sul tema del peccato e non sull’assumere un progetto di vita. Non si sottolineerà mai abbastanza che “andare” al battesimo per “salvarsi” o, peggio, per “salvarsi l’anima” è forse la perversione più torva della nostra fede: si vuole usare Dio per il nostro io. Non si va per Dio, si va per il proprio interesse. Questo sarebbe il vero peccato: servirsi di Dio per il proprio io, per la propria salvezza.
Il decidere di battezzarsi quindi non è per “cancellare” il peccato, ma per assumere e costruire il progetto di Gesù, che è di salvare l’umanità dalla sofferenza e dalle ingiustizie.
Certo è la presenza dello spirito che spinge a uscire dal proprio innato egoismo per prendersi cura del mondo!
Il battesimo vero, allora, è quello della vita. Lo diceva con lucidità già S. Agostino del IV secolo: “Vi sono dei battezzati pagani e dei pagani battezzati”. Vi sono dei battezzati con l’acqua che vivono da pagani perché pensano solo ai propri interessi e ai propri figli e non si sentono responsabili dell’umanità. Questi non sono realmente battezzati. Ci sono o ci possono essere dei pagani (non credenti) che lottano per la libertà, per la pace tra i popoli, che si fanno carico degli ultimi, sono questi i veri battezzati. Non sono battezzati con l’acqua, ma con la vita. E il battesimo è un evento dinamico: cresce con l’aprirsi agli altri.
È illuminante a questo riguardo l’affermazione di Ernesto Balducci: “Il battezzato è un uomo dedicato agli uomini”.
- “Perché battezzare i bambini?”
Può un genitore decidere la fede del figlio? È giusto dire che i genitori sono chiamati ad educare alla fede i figli, se per loro la fede cristiana è un valore e se è da loro vissuta e coltivata, ma un conto è educare il figlio alla fede e un altro è scegliere la sua fede.
Il battesimo sarebbe il momento in cui una persona dopo aver compiuto un cammino di conoscenza del pensiero di Gesù, si è talmente “innamorato” del suo progetto da decidere di condividerlo e di portarlo avanti. Ci dovrebbero essere libertà e consapevolezza. Tutti i sacramenti, il battesimo in primis, sarebbero delle chiamate per esprimere una scelta di vita. Non dovrebbero ridursi ad atti religiosi, ma esprimere scelte esistenziali.
E non solo il battesimo dovrebbe manifestare questa scelta, ma addirittura tale scelta dovrebbe essere verificata e comprovata dalla comunità. È la comunità, alla fine, il soggetto che dovrà accogliere e accompagnare il battezzato.
Perfino il grande teologo Karl Rahner sosteneva: “Se abbiamo una chiesa sonnolenta è perché nasce dal sonno dei bambini”.
- “Si possono battezzare i bambini?”
Io pur propendendo per il battesimo degli adulti, provo gioia nel battezzare i bambini, purché essi dimorino in una famiglia che vive o cerca di vivere il suo battesimo, respira l’aria della comunità dandole un suo apporto. Oggi la maggioranza delle coppie che chiedono il battesimo del figlio non frequentano più la comunità cristiana e hanno una fede fragile e inconsistente. Prima di pensare di battezzare il proprio figlio, dovrebbero loro interrogarsi sulla propria fede e sulla propria appartenenza ecclesiale e poi battezzare il figlio. Il figlio crescerà da credente solo se radicato in una fede adulta e matura dei genitori e della comunità.
Due piccoli impegni
- Il battesimo non è per salvarsi, ma per salvare.
- L’impegno dei genitori è di educare alla fede i figli più che battezzarli.