XII domenica del T.O.
La Chiesa non dovrebbe cercare il consenso
In quel tempo, Gesù disse: «Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né il segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.
E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo.
Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!
Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò di fronte al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».
(Mt 10, 26-33)
- “Non abbiate dunque paura…” La paura cresce oggi nel cuore della gente. Lo stesso progresso tecnico e scientifico che pure sta rafforzando la signoria dell’uomo sul mondo dà sgomento. Le energie prodigiose che l’uomo ha scoperto e risvegliato sembrano sfuggirgli di mano; percepisce il senso di inquietudine di fronte al futuro. Non pochi guardano all’avvenire con ansia. Quest’apprensione sembra perfino essere una delle cause del calo di natalità: perché mettere al mondo figli che avranno un futuro incerto, se non drammatico? Anche dentro la Chiesa – e per Chiesa intendo tutti i cristiani che la compongono, ma soprattutto chi vi esercita l’autorità – avanza il timore, ed assume la forma della preoccupazione per il calo di presenze. La Chiesa però evita un richiamo davvero forte ai doveri del credente, perché teme di lasciare sul campo ulteriori consensi: per paura, si astiene. Cresce così il disagio degli operatori pastorali: come si possono ammettere ai sacramenti ragazzi e giovani che non hanno alcun desiderio di credere, ragazzi che vi accedono mal volentieri, senza una vera e personale scelta? Come battezzare un figlio di genitori che hanno smesso di praticare, di frequentare la Chiesa, e che non intendono mettere in questione il proprio modo di vivere? Come accogliere i giovani che chiedono di sposarsi in Chiesa, ma la cui mentalità e vita sono lontanissime dalla logica del Vangelo? La comunità è fondata sulla fede e sui sacramenti: se questi non riflettono scelte e gesti concreti, essa diventa contenitore vuoto, solo apparenza, messa in scena.
- “Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce”. Corriamo il rischio di costruire un cristianesimo di facciata, non fondato su una salda convinzione interiore. La Chiesa, e prima di tutto la gerarchia, potrebbe compiere in proposito delle scelte, ed esigere dai suoi un cammino di fede serio: ma essa teme che per questa strada i numeri le diano torto e, di conseguenza, evita di essere esigente. Tale paura non è nella logica di Gesù, il quale, invece, ha avuto il coraggio di chiedere ai suoi apostoli: “Volete andarvene anche voi?”. Egli preferisce rimanere solo piuttosto che annacquare la radicalità della proposta. Non gli interessano i numeri, ma le convinzioni e gli atteggiamenti degli uomini: sono i gesti quotidiani che creano un nuovo ordine, edificano il Regno e, piano piano, rovesciano addirittura il mondo.
Il discorso vale anche per i pronunciamenti del magistero in campo socio-politico. So che parlare di politica significa calpestare un terreno difficile e scabroso: la Chiesa, almeno in Italia, è stata spesso accusata di aver fatto troppa politica e poco annuncio. E se intendiamo per “far politica” la presa di posizione nei riguardi dei partiti, organismi vivi che s’impegnano nella società, è giusto che la Chiesa rimanga estranea e lontana: in questo senso, legittimamente viene affermata l’autonomia del “politico”. Se invece, per “far politica”, ci riferiamo alle scelte che riguardano la vita sociale e civile, in rapporto alla giustizia, alla dignità delle persone, ai loro diritti, allora questo è un campo non estraneo alla fede.
La fede è impegnarsi ad elaborare e poi realizzare un progetto favorevole agli uomini, specialmente a coloro che sono più poveri e più svantaggiati. Ora, è chiaro che ove, in un paese, la Chiesa si schierasse a favore dei poveri davanti ai ricchi, per i deboli di fronte ai potenti, per gli oppressi innanzi agli oppressori, non avrebbe che da aspettarsi dissensi e opposizione: il potere, in fondo, è sempre in mano a chi ha e a chi conta. Il timore di affrontare del dissenso potrebbe allora far arretrare la Chiesa, impedirle di prendere posizione e quindi schierarsi per gli ultimi.
- “Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò di fronte al Padre mio”. La paura del fallimento è insidiosa. Se Gesù vi avesse ceduto, non avrebbe trovato l’ardire di portare avanti il suo progetto: ma egli amava la giustizia e la verità più di se stesso. Non pensava di conservarsi, ma di offrirsi in una proposta vitale. Neppure la Chiesa dovrebbe badare più di tanto a preservare se stessa: è meglio perdersi per l’umanità. È l’invito di Gesù: “Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà” (Lc 9, 24).
Qui sta, a mio parere, il nodo da sciogliere. La Chiesa fa di tutto per auto-conservarsi, per mantenere le quote, per riguadagnare i posti perduti, a rischio così di perdersi, di sgretolarsi. Se invece avrà il coraggio di osservare e di gridare, anche dai tetti, la verità e la giustizia, contribuirà alla diffusione dei veri valori. Incontrerà difficoltà ed opposizione, perché non c’è niente di nascosto che non venga svelato.
La Chiesa timorosa del futuro, impaurita, è una Chiesa senza fede. Il Padre è presente, conosce perfino il numero dei nostri capelli: la Chiesa non deve preoccuparsi di ciò che sarà, di ciò che le accadrà, ma solo d’essere fedele a Lui. Chi è fedele al progetto del Padre, ha certamente il futuro dalla propria parte: lo ha avuto anche Gesù. La sua morte sembrava un fallimento invece era un inizio. La Chiesa dovrebbe abbandonare la logica della convenienza e abbracciare la logica della libertà: denunciare ciò che non va. Questa è la linea vincente, secondo il Vangelo.
Due piccoli impegni:
– La Chiesa non dovrebbe aver paura dei cammino seri prima dei Sacramenti altrimenti la Chiesa diventa solo un contenitore vuoto.
– La Chiesa dovrebbe abbandonare la logica della convenienza per abbracciare la logica della parresia.