Commento al Vangelo di don Battista Borsato

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario

Vita eterna o vita piena?

In quel tempo, in quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?”. Gesù gli disse: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”. Egli allora gli disse: “Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza”. Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: “Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!”. Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.

Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: “Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!”. I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: “Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”. Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: “E chi può essere salvato?”. Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: “Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio”.

Pietro allora  prese a dirgli: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito”. Gesù gli rispose: “In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà”.

(Mc 10, 17-30)

Prima di porre e pormi alcuni interrogativi che il Vangelo di oggi suscita, vorrei sottolineare la “fretta” di questa persona (che dal contesto appare ricca, anzi molto ricca) nel rivolgersi a Gesù.

Sono elencati due verbi: “gli corse incontro” e “si gettò in ginocchio”. Questi verbi che indicano l’intensità della ricerca. Quale ricerca? Il come avere o conseguire la vita eterna! Per vita eterna nei Vangeli, non si intende tanto la vita dell’aldilà, ma la vita piena, felice già nell’aldiquà. Questa persona cercava il senso della vita, il perché e il per chi vivere, da cui dipende la felicità

Vorrei, allora porre tre interrogativi che mi sembrano zampillare da questo episodio.

  • Perché il denaro e la ricchezza non bastano? Questa persona, di cui non si sa né il nome né l’età  (secondo il Vangelo di Matteo è un giovane) è ricca: “possedeva molti beni”. Se è una persona con molto denaro e beni e va in cerca di una vita più autentica e più felice vuol dire che la “ricchezza” non basta a dare la felicità, non riesce a riempire il cuore dell’uomo, perché non contiene il “senso della vita”. Certamente i beni materiali sono un valore; pure il denaro è un valore. Anche la Chiesa si è sempre battuta e si batte perché non ci sia la povertà: l’essere poveri non corrisponde al volere di Dio che desidera non ci sia nessun bisognoso nella comunità. I beni materiali ed economici sono necessari per crescere da persone  e per formare famiglie serene, ma non sono il valore supremo. L’uomo è corpo, ma è anche intelligenza, cuore, mistero e se egli non sviluppa questi diversi volti della sua personalità non si realizzerà mai pienamente e proverà sempre il senso di frustrazione e di vuoto.

Oggi, fortunatamente, nei nostri paesi viviamo un clima di progresso culturale e di benessere economico che era sconosciuto negli anni ’40 e ’50 in cui non solo c’era la povertà, ma la miseria. Però questa insperata floridezza economica sta fiaccando le spinte spirituali e molte persone, ubriacate dalle cose, avvertono meno la tensione al trascendente e alla fede. Il benessere, diceva un bellissimo documento dei Vescovi italiani “Ripartire dagli ultimi”, ci ha fiaccati e ubriacati. Io avverto però, insieme con molti altri, il ridestarsi della spiritualità o almeno il suo desiderio. Nell’animo delle persone sta spuntando, più o meno consciamente la ricerca di Dio. I pellegrinaggi, il gonfiarsi delle presenze nei monasteri e nei santuari, la crescente devozione verso alcuni santi possono esserne un segno. Non dico che ciò indichi il fiorire di una fede pura e autentica, dentro c’è ancora la ricerca di sé, il voler ottenere la benevolenza di Dio, più che la decisione di impegnarsi per la giustizia e per un mondo umano. Sono sempre comunque dei segnali che le cose non bastano e che l’uomo “corre” alla ricerca di qualcosa d’altro, di un di più.

  • Perché è difficile che un ricco possa salvarsi ed entrare nel regno di Dio? Intanto il “salvarsi” non va confinato nell’aldilà. La salvezza, di cui parla Gesù, è il conseguire una vita serena  e felice già nell’aldiquà. Non si deve mai dimenticare che Gesù non è venuto per indicarci la strada di come essere felici nell’aldilà, ma di come essere uomini e donne felici nella vita presente. La proposta di Gesù è una strada per la vera e piena umanizzazione, che si esprimerà al massimo nell’aldilà, ma che deve iniziare già nell’aldiquà.

Allora perché un ricco non “può salvarsi”? Perché sono le relazioni che “salvano” le persone le fanno crescere. Senza relazioni di dialogo, di scambio di idee e di emozioni la persona non diventa persona, non trova il senso della vita e quindi non può essere “salvo” cioè felice..

Quando Gesù dice: “Va vendi quello che hai e dallo ai poveri” non intende che uno debba spogliarsi e diventare povero, ma che deve condividere quello che ha per vestire chi è nudo, dar da mangiare a chi ha fame, ospitare il bisognoso. Quello che Gesù propone, prima ancora della povertà, è la condivisione. Più che la rinuncia, la libertà dai beni.

La chiamata di Gesù è passare da “ricchi” a “signori”. Il ricco è colui che trattiene per sé, che pensa solo a se, il “signore” è colui che condivide quello che ha e tesse relazioni. Nella comunità  di Gesù (il Regno) non c’è posto per i ricchi, c’è posto invece per i signori. Dio ci ha dato le cose per servircene e gli uomini per amarli e noi invece abbiano amato le cose e ci siamo serviti degli uomini.

  • Qual è il senso dell’espressione “chi ha lasciato tutto…avrà in cambio cento volte tanto già al presente in case, fratelli, sorelle e madri e campi…”

Chi lascia per Gesù avrà in cambio cento volte tanto, avrà una vita moltiplicata, una profondità unica in ciò che fa e vive. Seguire Cristo non è un discorso di sacrifici, ma di moltiplicazione di vita. Il Vangelo non è rinuncia, è lasciare tutto ma per avere tutto. Il Vangelo porta alla moltiplicazione del cuore.

Quando il centro non è il denaro, il possedere, quando non si è ossessionati dall’accumulare, anzi quando si condivide quello che si ha , allora crescono le relazioni e la vita si riempie di volti di fratelli, sorelle, madri, figli. E queste relazioni danno il senso e il sapore alla vita “già nel presente”. Quello che Gesù sogna non è tanto un uomo spoglio di tutto come un albero secco, quanto un albero libero e pieno di contatti e di amicizie. La ricchezza, l’avere possono trasformarsi in occasioni e luoghi di relazioni affettive che danno il sapore all’esistere.

Due piccoli impegni:

  • Il credente è uno che condivide quello che ha.
  • Se vuoi diventare uomo o donna coltiva le relazioni.