DOMENICA delle PALME – 25 marzo 2024
Pure Gesù cammina nell’oscurità
“Il giorno seguente, la grande folla che era venuta alla festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: “Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele!”. Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto: Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto su un puledro d’asina.
I suoi discepoli sul momento non compresero queste cose; ma, quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che di lui erano state scritte queste cose e che a lui essi le avevano fatte.
(Gv 12, 12-16)
Questo episodio avviene nella grande settimana della Pasqua dei Giudei. Si noti che il Vangelo di Giovanni parla appunto di “Pasqua dei Giudei”, contrapponendola alla Pasqua di Gesù e dei suoi discepoli. La prima è una Pasqua da rifiutare perché occasione di commercio, di giro di denaro, di interessi, e non è più un evento religioso di salvezza. Emerge qui il distacco di Gesù dalla religiosità giudaica, giudicata guasta.
La folla è a conoscenza che Gesù stava arrivando a Gerusalemme. Per loro è una sorpresa perché gli era stato sconsigliato di andarci: “Rabbi, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo!”.
(Gv 11,8). Forse inizialmente aveva dato ascolto a questo consiglio, ma dopo, mosso dalla passione per il Padre e dell’annuncio da dare, vince la paura e si incammina verso Gerusalemme.
Il fatto che la gente lo acclami sventolando rami di palme e gridando: “Osanna, benedetto colui che viene nel nome del Signore” segnala che aveva intuito la messianicità di Gesù.
L’evangelista contrappone coraggiosamente l’istituzione al popolo: la gerarchia religiosa era contro Gesù e tentava di ucciderlo, mentre la folla lo cercava e lo ascoltava. Gesù verrà eliminato non a causa del popolo, ma delle autorità religiose. Anche il fatto che durante il processo la folla gridi: “Crocifiggilo, crocifiggilo” sarà dovuto soprattutto al condizionamento dell’autorità che si è servita pure del denaro per acquistare il consenso della gente, e certamente anche all’incertezza e ai dubbi delle persone stesse. Queste pur avendo intuito che Gesù poteva essere il Messia, di fronte alla sua sofferenza, alla sua debolezza, alla sua sconfitta anche le loro intuizioni subiscono incrinature e perplessità.
La gente comune sa cogliere il volto di Dio, molto di più dell’autorità religiosa. Questa è una delle affermazioni più presenti nel Vangelo di Giovanni. La profezia abita più dentro il popolo che dentro la gerarchia. Certamente vi sono stati anche papi e vescovi profetici, come Papa Giovanni XXIII, Papa Francesco e Mons Tonino Bello ma il loro numero è limitato. Il loro ruolo è più proteso a conservare che a camminare verso il futuro. Chi vive “all’interno della vita” come i presbiteri e i laici, sa cogliere meglio gli appelli dello Spirito che si manifestano nelle domande e nei problemi della gente: qui si possono cogliere i segni dei tempi.
“Sul momento essi (i discepoli) non compresero queste cose”.
Questo verbo “non compresero” viene usato con frequenza nei riguardi di Maria e anche di Giuseppe. Qui viene riferito ai discepoli. Pure i discepoli stentano a cogliere l’identità di Gesù, anzi, di fronte alla sua cattura si disperdono non solo fisicamente, ma psicologicamente e moralmente. La loro fiducia in Gesù entra in crisi. La presenza fisica di Gesù non è sufficiente a vincere l’oscurità della loro fede, rimane come un velo davanti al pensiero e ai progetti di Dio. A volte siamo portati a pensare: “Era facile per gli essi credere in Gesù perché la sua presenza li illuminava e li rassicurava”. Invece anche per gli apostoli credere a Gesù come Messia non era scontato, anzi, Gesù si comportava in maniera diversa da come essi pensavano. Il loro cammino di fede è stato duro, tortuoso, in salita. Hanno dovuto cambiare le loro idee sul Messia, su Dio.
La loro fede si è illuminata solo con la resurrezione di Gesù. Lì hanno colto il modo “altro” di agire di Dio. È l’evento che ha tolto il velo e che ha consentito loro di intravvedere una logica diversa.
Non soltanto i discepoli non hanno compreso totalmente Gesù, ma forse neppure Gesù come uomo ha compreso pienamente se stesso. Anche lui ha dovuto vivere dentro l’incertezza e il dubbio propri di ogni credente, ha dovuto compiere un cammino per capire il Dio che era in lui.
Qualcuno può obiettare che nel Vangelo Gesù appare a conoscenza del suo futuro, tanto che annunzia la sua passione, la sua morte, la sua resurrezione. Occorre però rammentare che i Vangeli sono stati scritti dopo la resurrezione, ed esplicitano pensieri ancora informi nella mente di Gesù, al momento dei vari accadimenti. Sicuramente egli avrà detto: “Mi prenderanno, ma non spaventatevi: Dio non mi abbandonerà”. La resurrezione sarà stata avvertita come la felice realizzazione di questa promessa. L’espressione “doveva patire” non va intesa come “era obbligato” a patire, ma “dato il suo amore per l’uomo, era logico che andasse fino in fondo”. Quindi occorre rileggere i Vangeli tenendo conto della coscienza presente negli evangelisti: coscienza affermatasi solo dopo la resurrezione di Gesù.
Forse a noi, educati a pensare che il progetto sia stato fin dall’inizio ben definito e chiaro in Gesù, sembra di privarlo della sua divinità: pure lui invece ha dovuto “inventare” la sua vita e il suo progetto ascoltando i problemi e le voci delle persone, e provando il brivido del dubbio e dell’incertezza.
Però pensare un Gesù così è ridargli il suo spessore umano, perché dobbiamo convincerci che egli è uomo come noi, in tutto uguale a noi, fuorché nel peccato.
Ma un Gesù che cerca, si interroga, ascolta per imparare, è molto più grande di quanto lo sarebbe se fosse stato in tutto telecomandato e predeterminato. Sarebbe stato privato della sua libertà e responsabilità. Questo Gesù poi, così umano, è molto più vicino al nostro vivere e al nostro cercare.
Due piccoli impegni.
- Riconoscere che la profezia nasce più dal basso che dall’alto.
- Pure Gesù come uomo ha dovuto cambiare le sue idee sul Messia e su Dio.