III domenica di Avvento
Coltivare le domande
In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?” Gesù rispose loro: “Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!”. Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: “Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui”.
Mt 11, 2-11)
Anche questa domenica terza di Avvento è dominata dalla figura di Giovanni Battista. Domenica scorsa l’abbiamo visto e sentito predicare nel deserto e invitare le persone a convertirsi. Dal Vangelo di Luca appare che il Battista sia della stessa età di Gesù, anzi cugino. Fin da ragazzo Giovanni vive in regioni deserte, forse a contatto con i monaci, detti Esseni, che vivevano in quelle zone con tre impegni: il celibato, la vita comunitaria, il confronto con la Parola. Giovanni Battista è una figura ascetica: veste di peli di cammello e mangia, poveramente, locuste e miele selvatico.
Ma ciò che più importa è che Giovanni Battista annuncia un Messia duro, rigoroso che quando verrà sarà come la scure che abbatterà gli alberi che non danno frutto e brucerà la pula con fuoco inestinguibile, cioè il Messia quando verrà distruggerà i peccatori ed eliminerà le persone ingiuste. Giovanni non era per nulla dolce, né indulgente e preconizzava un Messia che sarebbe venuto a dividere: da una parte i peccatori e dall’altra i giusti. Gesù invece non si comporterà così. Ma veniamo a esplicitare questo pensiero esaminando due espressioni.
- “Giovanni che era in carcere e sente parlare di Gesù”. Perché Giovanni era in carcere?Egli si trovava in carcere, e sappiamo il perché: aveva avuto l’ardire di rimproverare Erode Antipa della sua relazione incestuosa con Erodiade, moglie del fratello Filippo. In carcere, Giovanni godeva di una certa libertà perché stimato da Erode: vi potevano entrare i suoi discepoli, i quali gli raccontavano sicuramente ciò che Gesù diceva e faceva. Ma quello che Gesù diceva, e soprattutto quanto faceva, non sembravano in linea con il messaggio ed il tipo di messianismo prefigurati dal Battista. Gesù, infatti, entrava in casa di tutti, andava addirittura a mangiare con i peccatori, cosa inaudita: ricordiamo che la legge proibiva persino di salutarli. Il mangiare insieme, per gli ebrei, alla stessa tavola, rivestiva un valore altamente simbolico: testimoniava amicizia, amore, condivisione della propria vita con l’altro. E come può Gesù essere il Messia, se non rispetta neppure le più elementari regole religiose? Come può essere colui che viene a riportare l’ordine e a sollecitare la giustizia, se si permette un’amicizia con i peccatori?
Queste domande erano senz’altro presenti negli animi dei corregionali di Gesù, e palesemente affioravano anche in Giovanni.
E allora cosa fa Giovanni Battista? Non emette un giudizio sicuro su Gesù né lo condanna subito, vuol rendersi conto. Giovanni ha il dubbio se Gesù sia il Messia atteso e vuole verificarlo. Lo verifica mandando i suoi discepoli a interrogarlo: “Sei tu colui che deve venire o ne dobbiamo aspettare un altro?” Vorrei che mettessimo a fuoco il dubbio di Giovanni. Giovanni è un profeta, è l’inviato a preparare il Messia ma il Messia che egli annuncia non corrisponde alle sue idee e si mette in dubbio, si mette a riflettere. Si interroga. Questo vuol dire che anche Giovanni non vedeva tutto chiaro, che anche un profeta è sempre inadeguato alla Parola che annuncia o meglio che la Parola, in questo caso il Messia, è più grande di lui. Il dubbio non diminuisce la grandezza del Battista, anzi lo innalza perché chi dubita si mette in ricerca per capire meglio la verità. Si deve riscoprire il valore del dubbio come spinta a uscire dalle proprie idee e mettersi in ricerca dei pensieri di Dio. Le persone che hanno dubbi, domande sono persone vive che vogliono pensare con la propria testa e non lasciarsi pensare.
Io vedo qui la grandezza di Giovanni Battista.
- “Gesù rispose loro: “Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete…i ciechi riacquistano la vista…”. Gesù non risponde direttamente. Se anche avesse risposto, la sua parola sarebbe forse apparsa credibile? Quando si dubita di una persona, si dubita anche di ciò che dice. Egli, piuttosto, fa riferimento ad alcuni segni che ha operato: ha fatto vedere i ciechi, camminare gli storpi, ha guarito i lebbrosi, hanno riacquistato l’udito i sordi, i morti sono risorti. Queste erano le azioni che, secondo la profezia di Isaia, identificavano la persona del Messia. Da questi segni Giovanni capisce: intuisce che Gesù è il Messia. È un Messia diverso da come si attendeva, ma il profeta ha il coraggio di rettificare le proprie idee, piuttosto che chiudersi e rifiutare le sorprese del nuovo. Questo è il grande valore di Giovanni Battista: la sua capacità di correggere la propria visione.
Un vero profeta è infatti sempre in movimento, in progresso, disposto a cambiare e ad accogliere l’imprevisto, conscio che la parola che annunzia è più grande di lui: non compie l’errore di ritenersi infallibile, poiché conosce i limiti della propria intelligenza, e sa di non poter abbracciare tutta la verità. Neppure può pretendere di andare esente da errore. Ammettere di aver sbagliato è senz’altro un segno di povertà, ma è anche un atto di fede in Dio, che supera sempre ogni nostra debolezza.
Due inviti rivolgo a me e a voi:
Gesù non rimprovera Giovanni di aver dubitato anzi lo dichiara un profeta, più di un profeta. Allora avere dei dubbi non è negativo, anzi essi sono una risorsa se vengono affrontati come ha fatto Giovanni mandando i suoi discepoli a interrogare Gesù.
Lasciarsi scandalizzare da Gesù dal suo modo di pensare e operare, dal suo modo di presentare la fede diverso dai nostri pensieri, è la strada per crescere nella sua mentalità.
Se uno legge il Vangelo e non prova scandalo, cioè stupore, non coglie bene il pensiero di Gesù.
Due piccoli impegni:
– Dubitare delle nostre idee.
-Trovare tempi e spazi per affrontare i dubbi.