XII Domenica del T.O.
Vivere il cambiamento
In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: “Passiamo all’altra riva”. E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: “Maestro, non t’importa che siamo perduti? Si destò, minacciò il vento e disse al mare: “Taci, calmati! “. Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: “Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?”.
(Mc. 4, 35-41)
Questo episodio, pur non negando una sua storicità (nel mare di Galilea avvengono spesso bufere improvvise e impreviste), racchiude, come riportato da Marco, una valenza simbolica.
- “Passiamo all’altra riva”.
Questa espressione può ricordare il passaggio nel mar Rosso: gli ebrei schiavi dell’Egitto, sono passati all’altra riva, alla riva della libertà. Può indicare l’invito di Gesù ai suoi discepoli e alla folla a compiere il passaggio dalla religione (quella giudaica in modo particolare) alla fede: la religione si basa su ciò che l’uomo fa per essere gradito a Dio, la fede invece è la disponibilità ad accogliere ciò che Dio fa per lui.
Può soprattutto segnalare il passaggio dalla vecchia alla nuova mentalità, da un modo di pensare ad un altro. Questo esodo non è mai tranquillo. È sempre un camminare sulle acque tumultuose dell’incertezza e dell’instabilità. La nuova mentalità è quella che spinge a camminare. Heschel, un teologo ebreo e grande educatore, si rivolgeva così ai suoi allievi: “È essenziale imparare non solo le risposte importanti, ma anche le domande importanti. Soprattutto è fondamentale imparare le domande per le quali non esistono buone risposte. Dobbiamo imparare a convivere con le domande”.
Nessun cammino di crescita è esente da dubbi e da domande, perfino da angoscia. I cambiamenti, le svolte epocali sono paragonabili a tempeste, a bufere. La Chiesa, anche l’attuale, è come una barca in mezzo a questa tormenta. La tentazione è di stare sulla riva per evitare il rischio della bufera. Gesù con il “passiamo all’altra riva” incita a partire sempre, ad affrontare con fiducia l’avventura del mondo.
- “Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca”.
Si deve riconoscere, che la Chiesa, ha avuto paura dei contrasti, dei conflitti e ha subìto il fascino della tranquillità, dell’ordine, della sicurezza. Lungo la storia è stata tentata a fermarsi, ad aggrapparsi a qualcosa di stabile e di solido. A camminare continuamente ci si sente spossati e spunta la tentazione di avere principi fermi e valori non negoziabili. Questa seduzione ha ammaliato anche la Chiesa. Di fronte al fluttuare irrequieto di pensieri e di novità provenienti dal mondo esterno, la Chiesa si è fatta un proprio mondo con proprie strutture (scuole, oratori, banche, campi sportivi, biblioteche), si è chiusa come una cittadella fortificata al riparo dalle pulsioni culturali e sociali. Si è sentita protetta nella sua identità, e non più messa continuamente in discussione sulle sue solide convinzioni.
Invece la Chiesa è chiamata a inserirsi come lievito nella storia, nella storia di tutti, e a lasciarsi interrogare dai problemi, dalle sofferenze, dalle speranze degli uomini e delle donne anche quando questi possono scompigliare tradizioni e riflessioni teologiche assodate. Il vento della storia può certo sollevare onde minacciose, tali da squassare la piccola barca della Chiesa. La paura può impadronirsi di noi, pastori e popolo. Non si avverte spesso il grido strozzato di molti credenti che dicono: “Dove andiamo a finire? Ci sarà un futuro per la religione?”.
Nel romanzo dello scrittore ebreo Chaim Potok intitolato “In principio” si narra il tormento di un giovane studente della scuola biblica ebraica yeshivah, che sente l’impulso di distanziarsi dalle tradizioni per indagare gli inizi della stesura dei libri della Torah e lo fa studiando testi provenienti anche da culture profane e da ricercatori non ebrei.
Questo suscita il duro rifiuto della famiglia e di tutta la comunità ebraica, ma questo giovane di nome David sostiene: “Andrò ovunque la verità mi conduca; nella ricerca non esistono confini né opinioni fissate una volta per tutte. Io ho fede nella Torah, ma questa non mi può impedire di amare la verità”. E sempre questo giovane, apparentemente fragile, ma di forte intelligenza e fornito di un ardente coraggio confida a suo padre deluso e sconcertato: “Voglio comprendere la Torah come la comprendevano quelli che la scrissero. Ho bisogno di apprendere il nuovo metodo critico per scoprire la verità sugli inizi del mio popolo”.
Forse anche gli attuali sconvolgimenti che scuotono la nostra teologia e la nostra Chiesa devono darci il coraggio di inoltrarci su nuovi sentieri, sapendo che la verità è sempre oltre.
- “Perché siete così paurosi? Non avete fede?”.
Uno degli interrogativi oggi più spiazzanti riguarda l’indifferenza religiosa che sembra invadere persone e comunità. Non è tanto l’ateismo che inquieta, ma l’indifferenza. Possiamo dire che stiamo vivendo oggi la “religione dello scenario”, cioè l’ambiente esterno appare ancora totalmente religioso: continuano le richieste dei sacramenti, nelle feste principali la presenza è ancora massiccia, le benedizioni, soprattutto nei santuari, sono ancora cercate, ma gli uomini e le donne vivono senza riferimento a Dio e tanto meno alla Chiesa: le scelte non hanno relazione con il Vangelo. Che cosa pensare? Come porsi? Ci assale il brivido dello spaesamento. Non ci sono risposte pronte. Occorrerà lasciarci penetrare da queste domande e convivere con esse.
Ogni cambiamento fa soffrire, ma non deve portarci al senso del fallimento o della fine. Nessun rinnovamento e nessuna nuova prospettiva nasce senza la sofferenza della ricerca. Può sembrare che essa porti a tradire il passato e a compromettere la tranquillità delle acquisizioni raggiunte, invece può condurre a ritrovare le intuizioni e il fuoco di cui sono stati portatori uomini e donne del passato. Non si tratta di rompere, ma di ricostruire. I profeti sono stati non capiti, anzi emarginati, perché sembravano disturbare l’ordine esistente e invece erano quelli che intuivano le nuove strade per una fede diversa dentro il mondo diventato adulto.
Il non aver paura di avventurarsi verso il futuro proviene proprio dal Vangelo stesso.
Due piccoli impegni
- Saper convivere con le domande.
- Amare la verità più che le opinioni e le consuetudini fisse.